Una riflessione, un minuto di rumore e una testimonianza, dal Dipartimento di Scienze Umane, DCH III, dell’Università dello Stato della Bahia, Brasile.

Martedì 21 novembre, dalle 17.45 alle 19.15 si svolge, come ogni martedì, la lezione del Corso di Extension, Relazioni interpersonali e dinamiche di gruppo, promosso dal Master PPGESA del Dipartimento di Scienze Umane, del Campus III, di Juazeiro, Bahia (nella regione nord-est del Brasile). Al corso partecipano studentesse UNIPD in mobilità internazionale, studentesse brasiliane e persone della comunità.

Stiamo approfondendo dal punto di vista teorico e pratico la Comunicazione Non Violenta e, in questa lezione, in particolare, l’aspetto fondamentale dell’assumersi la responsabilità dei propri sentimenti in un processo di connessione empatica profonda, uno dei pilastri della CNV.


La riflessione ci toglie dalla nostra zona di conforto, ancora una volta, ma questa volta lo spostamento è grande e arriviamo a condividere il tragico evento del femminicidio di Giulia Cecchettin, a opera dell’ex fidanzato Filippo Turetta. Un momento forte, carico.


Oltre alle riflessioni, seguendo l’invito arrivato proprio dall’Università di Padova, come gruppo decidiamo di dedicare anche un minuto di ‘rumore’, concordando sul desiderio di ” … condividere questo piccolo atto, così lontano ma forse così vicino alla famiglia di Giulia e a tutte le donne vittime” (parole di una delle studentesse del gruppo).

Alla fine della lezione mi avvicina una studentessa e mi chiede se avesse potuto mandarmi un suo breve racconto lasciando a me (docente del corso) la decisione di condividerlo assieme al video …
Il racconto mi arriva due giorni dopo e il Cuore mi si riempie di dolore … e riconosco la Potenza della condivisione e l’assoluta necessità di educazione profonda, unica cosa che potrà veramente cambiare.

“Mia madre è morta nel 2000, 23 anni fa. E’ stata cancellata con un
rigo dalla pagina, da un uomo che ha creduto di poter risolvere a
colpi di pistola tutti i suoi problemi. Ciò che è accaduto a Giulia,
e che continua ad accadere alle donne che dicono “No”, è un sintomo di un sistema che autorizza gli uomini a ucciderle.
Mio padre era un paramedico, di buona famiglia. Aveva amici, colleghi, vicini e conoscenti che lo stimanavo e che mai lo avrebbero ritenuto capace di un gesto del genere. Ma lo ha comunque fatto, perché poteva. E dietro di sé ha lasciato una scia di sangue, che ha cambiato per sempre decine di vite attorno a quelle che si è preso.
Il giorno in cui le cose cambiano è il giorno in cui smettiamo di
sorprenderci. Sono omicidi che avalliamo con il nostro silenzio e
che la società sostiene.
Un giorno ho avuto una conversazione con una ragazza che credevo mia amica. Un nostro conoscente mi aveva dato uno schiaffo senza motivo. Io ero davanti a lei in lacrime e lei mi ha detto che era stata colpa mia. Che avrei dovuto dire basta, dire no, convivere con l’accaduto.
Che non importa se un uomo è grande, grosso e vaccinato, se tu rimani ferita per quello che ti fa la responsabilità è comunque la tua. Io sono qui oggi, ogni giorno, a convivere con la consapevolezza che potrei essere la prossima. Perché non ho visto il mostro arrivare, gli ho aperto la porta di casa. Ma non mi sentirò mai in colpa per aver provato ad avere fiducia. I mostri ci osservano dietro a concetti di possesso e performatività tossica. E non ci servono. Uccidere queste idee malsane è solo il primo passo da intraprendere.”

(Studentessa del corso di Relazioni interpersonali e dinamiche di gruppo, DCH III, UNEB, Juazeiro-BA.)

Riferimenti sulla CNV: ‘Le Parole sono Finestre o Muri’, di Marshall B. Rosemberg, Esserci Edizioni, 2017.

Nicola Andrian, Docente del corso e coordinatore del programma di scambi

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