I miei primi 6 mesi di tirocinio post-lauream, professionalizzante in Psicologia, li ho svolti attraverso il progetto sociale e di scambi interculturali ‘Progetto BEA’ (promosso dall’associazione EnARS di Padova), in Brasile, tra le città di Petrolina (Pernambuco) e Juazeiro (Bahia). Due città di due Stati differenti, separate solo da un grande fiume, il Rio São Francisco (il fiume più lungo del Brasile!) ma collegate da un ponte e dalla barquinha (una barchetta che ogni giorno fa da spola tra le sponde dei due Stati). Così, tra una riva ed un’altra, ho avuto l’opportunità di formarmi nell’ambito della psicologia clinica e sociale, della crescita personale e dell’intercultura.
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La ‘Barquinha’ sul ‘Rio São Francisco’ |
La sensazione è stata quella di trovarmi all’interno di un caleidoscopio di relazioni, attività, riflessioni e consapevolezze, che ha dato vita ad una mia visione del mondo più ampia e critica, più tollerante e inclusiva, più calorosa e umana.
Una parte considerevole del mio tirocinio l’ho svolta all’interno del programma di Residenza Multiprofessionale in Salute Mentale (Programa de Residência Multiprofissional em Saùde Mental, RMSM) dell’UNIVASF (Universidade Federal do Vale do São Francisco, Petrolina) con la supervisione della psicologa/tutor Prof.ssa Barbara Cabral, persona dall’incredibile umanità. Tale programma si svolge in diversi Centri di Assistenza Psicosociale (Centros de Atenção Psicossocial, CAPS) presenti nel territorio brasiliano, all’interno dei quali diverse figure professionali (psicologi, infermieri, assistenti sociali, psichiatri, logopedisti e pedagogisti) collaborano tra loro per offrire un trattamento il più possibile personalizzato e adeguato agli utenti del servizio, considerando la persona integralmente, nella sua dimensione bio-psico-sociale e culturale. I principali tipi di CAPS sono quello infantile con bambini e adolescenti (CAPSi), quello con persone dipendenti da alcool e droga (CAPS AD) e quello con persone con disturbi mentali persistenti (CAPS II)
La mia esperienza si è svolta nel CAPS Infantile di Juazeiro (Bahia). Un centro immerso in un grande spazio verde nel quale era possibile entrare nella tipica vegetazione del nord-est brasiliano, la caatinga, con alberi da frutta tropicali e secolari, tra cui l’albero Juazeiro, che fin dall’antichità aveva un ruolo importante per il refrigerio e il ristoro dei nomadi brasiliani che decisero di insediarsi in questa zona e far nascere la città di Juazeiro proprio a partire da questo albero. Così gli operatori del CAPS Infantile, attorno a questo albero, così importante per il sollievo del corpo e dell’anima, hanno dato vita al centro con l’obiettivo di fornire assistenza a bambini e adolescenti in situazioni di disagio psicologico e/o problemi legati all’abuso di sostanze psicoattive, offrendo cure, assistenza e promozione della salute.
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Un momento del laboratorio al CAPS i di Juazeiro-BA |
Felicemente, ho avuto l’opportunità di essere inserita in questo contesto dove ho accompagnato una psicoterapeuta durante i vari trattamenti, individuali e di gruppo, e che mi ha permesso di realizzare il mio obiettivo principale, prefissato per questa esperienza, ossia svolgere un laboratorio di meditazione e yoga in un ambiente naturale con scopo terapeutico, facendo riferimento alla mia tesi magistrale sull’Ecopsicologia.
La durata di ogni incontro del laboratorio era di un’ora e mezza con adolescenti dai 12 ai 17 anni, con disturbi mentali (depressione maggiore, disturbo d’ansia, comportamento suicidario, disturbo borderline di personalità e schizofrenia). Conducevo due volte a settimana delle sessioni di rilassamento, meditazione e yoga utilizzando musica rilassante e una campana tibetana.
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Un altro momento del laboratorio |
Inoltre, accompagnata da uno psicologo della residenza, Geovani Cardoso, ho condotto delle attività per lo sviluppo della fiducia tra gli adolescenti stessi. Alla fine di ogni sessione concludevo con dei cerchi di discussione riflettendo insieme su alcune delle tematiche che emergevano spontaneamente a seguito delle attività realizzate (quali per esempio la paura di non essere visti, la bassa autostima, l’incapacità di comunicazione, l’ansia, l’insicurezza, la depressione, o anche le diverse forme di automutilazione..). Dal mio punto di vista questi erano i momenti più significativi, arricchenti ed emozionanti.
Dopo che i ragazzi avevano lavorato sulla propria mente e sul proprio corpo è come se avessero acquisito maggiore consapevolezza della propria condizione, riuscendo a spiegare con una chiarezza invidiabile le loro percezioni, sensazioni, emozioni e i loro sentimenti, chiedendosi come avrebbero potuto migliorare la propria situazione piuttosto che adagiarsi sui comportamenti disfunzionali ai quali erano abituati a ricorrere. Il processo di trasformazione che più mi ha entusiasmata è stato vedere il cambiamento dei ragazzi da persone passive a persone attive nel proprio percorso terapeutico, persone maggiormente padrone di sé stesse che man mano stavano recuperando la propria autoefficacia, autostima e pace interiore
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Gli ‘Olhos de Deus’ realizzati dagli adolescenti del CAPS i |
A conclusione del mio periodo di tirocinio ho voluto dedicare le ultime due settimane ad un’altra forma meditativa, ossia la realizzazione di mandala di lana chiamato, “Olhos de Deus” (Occhi di Dio). I nativi d’America che li realizzavano dicevano che l’occhio di Dio serve a conoscere l’inconoscibile. E’ una forma di meditazione che si serve del movimento continuo e costante di un filo di lana attorno a due bastoncini di legno a forma di croce che man mano prende forma in una trama sempre più grande e completa, creando un vero e proprio mandala.
Nelle religioni Orientali i mandala rappresentano l’universo e vengono utilizzati per focalizzare l’attenzione, per definire uno spazio sacro e per aiutare a meditare. Aiutano a ritrovare calma, equilibrio e pace e ad aumentare la consapevolezza di sé. Nella realizzazione di questi mandala di lana ho percepito i ragazzi più centrati, determinati ed entusiasti. La riflessione finale si soffermava su quanto ogni piccolo gesto e azione determinasse la nostra vita così come ogni passaggio del filo nella realizzazione finale del mandala. In questi momenti di meditazione, ogni filo di lana sembrava inglobasse il gruppo di lavoro in una energia generatrice di buone intenzioni e impegno. Erano visibili nei loro occhi e sorrisi entusiasmo e gratificazione, cooperazione e pazienza reciproca, condivisione e apprezzamento. Questo è emerso anche nelle valutazioni qualitative finali, che hanno raccontato come il laboratorio avesse reso più sereni e tranquilli i ragazzi nel gestire delle situazioni di conflitto interiore e interpersonale, diminuendo ansia e stress e aiutando ad acquisire maggiore consapevolezza di sé stessi.
Nella logica dell’alternanza fra le attività pratiche e le attività teroriche, di studio e di ricerca, che è una delle caratteristiche del Progetto BEA, parallelamente a questo laboratorio ho partecipato al Nucleo di Mobilitazione Anti-manicomiale del Sertão (Nùcleo de Mobilização Antimanicomial do Sertão, NUMANS) con la conduzione di un primo gruppo tematico sull’empowerment, in collaborazione con la mia collega Thamara Agnes (studentessa in psicologia dell’UNIVASF) e un secondo gruppo sul controllo sociale nella salute mentale, condotto insieme a Milena Duarte (residente multiprofessionale).
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NUMANS/UNIVASF – Ilenia D’A. conducendo una parte del gruppo tematico sull’Empowerment |
Inoltre, ho partecipato agli incontri di supervisione ogni mercoledì e ad un gruppo di ricerca sui temi della salute mentale (Observatorio do Sertão) ogni venerdì, che mi ha permesso di approfondire argomenti di ampio respiro e che spesso mi hanno messo in discussione.
Ritengo che la mia crescita personale sia avvenuta anche durante gli incontri d’equipe svolti con il coordinatore del progetto, Nicola Andrian, e la mia collega italiana di tirocinio, Eleonora Zerbetto.
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Equipe BEA – INTEREURISLAND 2018/2019 |
Una volta ogni 15 giorni svolgevamo dei focus group affrontando tematiche riguardanti la consapevolezza delle nostre sensazioni, percezioni ed emozioni nei contesti di formazione che stavamo vivendo, utilizzando le questioni chiave dell’experiential learning (Di David Kolb) e lavorando molto sulla comunicazione assertiva e la risoluzione dei conflitti personali e interpersonali. Ogni incontro ci aiutava ad uscire dalla nostra zona di comfort e ad affrontare ogni difficoltà con razionalità senza però tralasciare il nostro lato emotivo, motore di ogni azione.Questa è stata una parte integrante del mio tirocinio che mi ha accompagnato fortemente nella gestione di difficoltà e incomprensioni personali ed interpersonali.
Infine, ma non per questo di poco conto, ho vissuto pienamente l’intercultura, come momento di incontro e scambio tra la cultura italiana e brasiliana. Uno degli eventi più importanti a riguardo è stato il Global Village AIESEC, evento organizzato da “AIESEC Vale do São Francisco” (Associazione studentesca presente in 126 paesi al mondo), con la nostra partecipazione come programma INTEREURISLAND e Progetto BEA assieme a diversi studenti in mobilità internazionale da Argentina, Perù e Brasile.
Ho potuto vivere il dialogo interculturale anche in qualità di facilitatrice di un breve corso di cultura e lingua italiane, tenuto con la collaborazione di Eleonora Z. al corso di Mestrado PPGESA in Educazione contestualizzata per la convivenza con il semi-arido PPGESA, al Dipartimento di Scienze Umane, Campus III di Juazeiro, dell’Università dello Stato della Bahia UNEB.
Questa esperienza avrebbe bisogno di più pagine per essere descritta e narrata, ma mi auguro che questa piccola descrizione possa aver dato un assaggio dell’eterogeneità di attività, emozioni e crescite vissute in un paese così caloroso e accogliente come il Brasile che tanto ha da insegnare umanamente.
Buon cammino…
Ilenia
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Coinvolgendo tutte e tutti i presenti ballando la Pizzica
La mobilità di Ilenia D’Attis è stata sostenuta anche dai Finanziamenti 8X1000 della Chiesa Valdese – annualità 2019.
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